sabato 20 maggio 2017

La meritocrazia, il nepotismo e il figlio di papà


Quanti di voi conoscono, o forse hanno fatto uso dell’espressione “tengo famiglia”.  Per chi non lo sapesse si tratta di una citazione attribuita a Longanesi, utilizzata per denunciare soprusi e nefandezze in un Italia (e non solo) dove il nepotismo è all’ordine del giorno.

Il famoso mi manda papà e il relativo  scambio di favori è un fenomeno che si ritrova un po’ in tutto il mondo e in tutte le epoche. Tuttavia, il nepotismo ha delle origini storiche ben precise. Risale all’alto medioevo, periodo in cui la parentela con papi e cardinali era diventata fonte importate di ascesa sia politica che sociale.

La solita storia, sia che arrivi dalle più alte cariche dello stato e religiose, o che arrivi dall’ultimo funzionario pubblico , il risultato è sempre uguale … poltrona ricca mi ci ficco … tant’è, che ne è nato, per colpa o per merito, dipende dai punti di vista il neologismo “parentopoli”. Diffusosi come un virus a macchia d’olio, oggi è diventato vero e proprio sistema, a dimostrazione del fatto che,  non si ha neppure il pudore di dissimularlo, il malcostume che diventa virtù.

Ormai mi dà l’impressione che, oltre al curriculum, ai colloqui di lavoro devi presentare l’albero genealogico, perché solo vantando amici o familiari illustri potrai aspirare ai posti che contano.

Eppure la successione dinastica dovrebbe rappresentare un eccezione e non la regola, ma purtroppo finché, tutto resta legato al concetto di clan, chi nasce “figlio di” partirà sempre favorito. Le lobby sono una classe che si autoriproduce. Certo la questione oltre che morale è soprattutto culturale. Ma l’etica del singolo non basta, e la mentalità di chi sta ai piani superiori che deve cambiare. Aspirazione difficile visto che sono i primi ad usufruire dei loro privilegi.

Cosa resta allora della meritocrazia?

Diciamolo con franchezza, in questi anni non è andata esattamente come si era detto, il clientelismo e il nepotismo sono diventate prassi per costruire il proprio potere.  Questo la dice lunga di  quanto il nostro Paese non riesca a cambiare. Sono sempre le stesse inchieste che dimostrano come, a quasi trent’anni da tangentopoli e mani pulite, siamo sempre al punto di partenza.


Eppure se si fermasse tutto, a partire proprio dai lavoratori precari, che rivendicano da una vita il malaffare del clientelismo, sarebbe il caos totale. Ma nessuno ha il coraggio di ribellarsi, tutti restano fermi in fila, intruppati, piegati e rassegnati, aspettando un posto su una scialuppa,  prima che il mare lo inghiotti per sempre.

lunedì 15 maggio 2017

La legalizzazione dell’anatocismo bancario



Lo sapevate che l’indebitamento  delle famiglie e delle imprese italiane si inserisce in un preciso percorso scelto dal Governo per affrontare nel modo più articolato possibile il fenomeno dell’usura?

E proprio da questo, dalla convinzione che l’usura è una realtà sfaccettata, è scaturita questa mia riflessione.  Servita su un piatto d’argento niente poco di meno che, dalla deputata Alessia Monari, non certo nuova a queste gaffe. L’autogol risale all’ottobre dello scorso anno.  Quando alla trasmissione quinta colonna, invitava tutti gli anziani con una pensione minima, e proprietari di immobili, a far richiesta alle banche del “prestito vitalizio ipotecario”. Spacciandola come una  formula magica per la quale la banca ti dà soldi, tu rimani in casa e resti proprietario. Ma non funziona esattamente così

Per chi non conosce questo tipo di prestito, si tratta di una particolare tipologia di finanziamento a lungo termine assistito da ipoteca di primo grado destinato a persone fisiche con più di 60 anni di età con un titolo di proprietà su un immobile residenziale. Il finanziamento è ideato in modo tale da non prevedere rimborsi di alcun tipo, nemmeno per gli interessi, fino alla morte del contraente. Spese e interessi vengono capitalizzati e sono dovuti solo a scadenza. Il rimborso, a meno di rimborso volontario anticipato da parte del sottoscrittore, è a carico degli  eredi.

La banca solitamente concede una somma che si aggira tra il 15% e il 50% del valore di mercato dell’immobile, vincolando il proprietario con un contratto in cui da mandato alla banca di vendere l’immobile qualora gli eredi non procedano alla restituzione della somma prestata e di tutti i relativi interessi maturati, con tassi attualmente praticati al limite dell’usura (tra il 7,5 e il 9%),  in pratica una forma di anatocismo . Portando alla crescita esponenziale del debito. Insomma tanta puzza di bruciato.

Una vera e propria  follia, se pensate che solitamente gli anziani se fanno richiesta di un prestito lo fanno principalmente per aiutare i propri figli in difficoltà, o per rimborsare  mutui o altri finanziamenti. E la cosa più assurda e che gli eredi sono obbligati (per chi ne ha le possibilità) di saldare il debito in una unica soluzione, e qui mi sorge il dubbio che saranno in pochi capaci di farlo.  Con l’ovvia conseguenza, che le banche si prendono casa.

È un po’ come quando strizzi i genitali a qualcuno, li molli solo quando ti ha dato quello che vuoi.

Con queste riflessioni si comprende come certe situazioni hanno bisogno di maggior attenzioni specialmente al di la dell’oceano.  Tutto questo non è nient’altro che una buona occasione per ricavare più denaro di quanto ne viene versato alle casse del creditore.


lunedì 8 maggio 2017

L’Italia soffre di bulimia legislativa



Che l’Italia vanta la miglior cucina al mondo, lo si sapeva già, ma che tutto questo porta a una strana malattia, mi sa di ridicolo. La bulimia, non da cibo, ma di leggi. Giusto per citare le ultime nate in ordine di tempo: il femminicidio, lo stalking, l’omicidio stradale, e non ultima l'inutile legge sulla legittima difesa prontamente disarmata. 

Tutte leggi nate su pressioni mediatiche, trasformando il codice penale in un emporio di norme prêt-à-porter. Eppure basterebbe poco, per accorgersi che tutto quello che serve per combattere il crimine-marketing esiste già. Una cosa del genere non venne nemmeno in mente a Alexander Moszkowsky, che dalla sua fantasia nacque l’isola di Atrocla, l’isola della burocrazia che rende pazzi. Ma grazie a tutte le cavillerie italiche, miracolo! Noi ci siamo riusciti.

nel nostro Paese secondo le stime esistono più 75mila leggi, e aggiungendo quelle regionali e i regolamenti dei vari enti,  si raggiunge un  numero gigantesco, 150-160 mila Leggi.  Una vera e propria follia burocratica e legislativa che impedisce al nostro di essere un paese normale.

Spesso mi chiedo a cosa serve questo groviglio di leggi, per altro, alcune in contrasto tra loro. E siccome fidarsi è bene ma non fidarsi è meglio, mi viene in mente una massima di Tacito, che affermava: “Corruptissima re publica plurimae leges” e cioè “moltissime sono le leggi quando lo Stato è corrotto”.

In attesa che il ministero faccio un falò delle migliaia di leggi inutili che ""complicano"" la vita ai governanti, si potrebbe intanto fare qualcosa per semplificare la nostra vita quella di comune cittadini alle prese con norme che sembrano scritte per rovinarci l'esistenza, per creare ostacoli e renderci infelici.

La burocrazia italiana è piena di casi paradossali, al limite del ridicolo:

Lo sa bene un'operatrice ecologica, che lasciando il furgoncino in divieto di sosta per prestare soccorso a un pedone  investito, non è tornata a casa solo con la soddisfazione di aver aiutato un altro essere umano ma anche con una  contravvenzione che le ha preparato la polizia locale. O la povera parrucchiera multata di  500 euro dalla Guardia di Finanza, perché si stava facendo la messa in piega nel suo negozio,  annullando successivamente  il provvedimento proprio grazie a un cavillo burocratico, e facendo tirare un sospiro di sollievo alla parrucchiera.

Non sorridono, invece, un gruppo di mamme di Lallio in provincia di Bergamo che fanno parte di un'associazione di genitori. "Colpevoli" di aver spalmato la marmellata sulle fette biscottate per aiutare il gestore di un chiosco preso d'assalto da circa 200 bimbi affamati. non l'avessero mai fatto, prive di permesso di smercio di sostanze alimentari, hanno violato una norma dello Stato nel paese di Tangentopoli è sono state multate per €1032. Potrei andare avanti all’infinito, come ad esempio il barista multato per aversi bevuto un caffè nel suo bar, o come il panettiere di Napoli multato per aver regalato un panino ad un disabile.

Il problema non sta nella solerzia dei tutori della legge, i quali per definizione sono costretti ad applicare le leggi, anche se qualche volta potrebbero passarsi una mano sulla coscienza. Ma il problema sta nel covo di norme che impediscono di fare anche solo della beneficenza.


Le regole comunque sono regole, ma la verità è che è molto più semplice infierire contro la brava gente, i lavoratori onesti che prendersela con i veri criminali. Nella sua infinita saggezza il Dalai Lama una volta disse:  dobbiamo imparare bene le regole in modo da poterle infrangere nel modo giusto…. E se lo dice lui!!!