mercoledì 2 novembre 2016

Emigranti 2.0



Chi non ha un prozio emigrato in America, in Germania, in Svizzera o in Belgio con la valigia di cartone? Oggi da allora non è cambiato nulla. l’ultima generazione è l’emigrante 2.0, l’emigrante con il bancomat, laureato con tanto di master e dottorato che finisce oltre confine per trovare il modo di far fortuna.  Li chiamano cervelli in fuga,ma spesso vanno all’estero a fare i camerieri o i lavapiatti. Proprio come un secolo fa.

Se ne va la generazione concepita durante il secondo boom economico. Il tempo in cui l'Italia si è riscattata dal suo passato. Partono soprattutto loro. Quelli che hanno vissuto quel liberismo sfrenato, e quella globalizzazione senza regole.
Non è la fuga dei cervelli che fuori confine inseguono la loro qualifica. Non si parte per realizzare il proprio sogno. Vanno per necessità, per disperazione, perché dopo anni di disoccupazione o di contratti saltuari non c'è alternativa.

È sicuramente un'emigrazione meno misera e drammatica. Internet aiuta a tenere i contatti, a non perdersi. Ma dentro, nell'animo, lo strappo è altrettanto forte. Emigrare è vero è una presa di coscienza volontaria, ma questi giovani  sono anche il ritratto di un paese che questi ragazzi hanno deciso di abbandonare perché continua a non ascoltarli. 
È come il capotreno che responsabile del treno che li porta al futuro, all’improvviso decidesse di fermarsi e non ripartire.


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