martedì 8 novembre 2016

La Costituzione, un libro da difendere



Manca ormai meno di un mese, per il 4 dicembre, data nella quale si terrà il referendum per approvare o respingere  una serie di modifiche alla nostra Costituzione.





Era il lontano 1 gennaio 1948 quando entrò in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana, quando tutti i partiti politici, e sottolineo tutti compresi i monarchici,  erano riusciti  a superare  infinite divergenze per realizzare, tutti insieme un capolavoro sociale, che guardava ai bisogni dei cittadini più  che agli interessi di questo o quello schieramento politico.

Quel patto  per sessant’anni ha garantito la democrazia. Certamente c’è ancora margine di miglioramento per portare a termine  il progetto dei padri costituenti, e a questo fine non è detto che la costituzione non possa essere modificata. Ma sicuramente i problemi dell’Italia non potranno essere risolti solo con una semplice riforma, che per altro, registra pareri contrapposti anche tra gli studiosi e giuristi più competenti. Ormai già da troppo tempo, spesso con toni accesi, ben diversi da  quanto meriterebbe un argomento così delicato,  vengono sprecate troppe energie, continuando ad inasprire i rapporti.  L’argomento più frequente è quello “”dell’ora o mai più”” drammatizzando sugli effetti di una vittoria del Si o del No.

Sull’esempio dei padri costituenti, forse una maggiore lungimiranza avrebbe evitato questo poco edificante siparietto, tra i vari partiti politici, che in nome dei diritti e delle libertà, non fanno altro che difendere le proprie poltrone.

Orami siamo all’epilogo finale, e il rischio anche questa volta, in  molti andranno a votare, sulla base di slogan superficiali ed ingannevoli, più che per reale conoscenza della materia sulla quale ci si deve esprimere. L’invito che vi rivolgo, è quello di informarvi prima di andare alle urne, anche perché questa volta non si sarà un quorum minimo. Il risultato sarà valido  a prescindere dal numero dei votanti.


Ricordate che la stabilità di uno stato, risiede proprio nella stabilità della Costituzione, e che essa non è alla mercè della maggioranza del momento. Essa è la fonte di legittimazione e limitazioni di tutti i poteri. La Costituzione può e deve essere aggiornata, ma queste devono essere condivise e soprattutto essere coerenti con i principi della Carta del 1948.

venerdì 4 novembre 2016

Il cassetto dei ricordi





In un dì, di nubi grigiastre,
nel cassetto dei vecchi ricordi
delle lettere quasi sbiadite fan capolinea.

ricordi che pian piano emergono
nella sua visiva nitidezza.
Eravamo giovani e vivaci
nel fiore della gioventù.

Gli occhi si voltano a ricercar nello specchio
Un volto invecchiato dal tempo.

Ma un improvviso raggio illumina i ricordi,
e le mani ritrovano l’improvvisa forza per esprimere
le emozioni di uno sguardo tremolante.

Sensazioni che volano tra passato e presente
Con la complicità della compagna di vita.

I bianchi capelli e la saggezza hanno conservato
le virtù degli esuberanti anni passati.

Ricordi che dopo tanti anni hanno provocato
un sacco di emozioni, anche la parola amore

il tempo l’ha ben conservata.

giovedì 3 novembre 2016

il fascino del tempo





Il tempo che ha affascinato poeti, artisti e pensatori fin dall’alba della civiltà. In quell’atto legittimo di semplicissima curiosità: “che ora è”? ci sta la sorgente dell’umano sapere. Essa porta a una concezione mistica della sua esistenza.  


Il tempo ha un fascino irresistibile, che nella  struttura della nostra esistenza, non potrebbe distinguere il passato dal futuro se tempo e spazio fossero reali. Lo spazio è come un palcoscenico, astratto di "un luogo" infinito nel quale sono collocati i corpi. Mentre il tempo, il tempo è la dimensione nella quale si concepisce  il trascorrere degli eventi, ma in effetti esso è in realtà meramente soggettivo.

mercoledì 2 novembre 2016

Emigranti 2.0



Chi non ha un prozio emigrato in America, in Germania, in Svizzera o in Belgio con la valigia di cartone? Oggi da allora non è cambiato nulla. l’ultima generazione è l’emigrante 2.0, l’emigrante con il bancomat, laureato con tanto di master e dottorato che finisce oltre confine per trovare il modo di far fortuna.  Li chiamano cervelli in fuga,ma spesso vanno all’estero a fare i camerieri o i lavapiatti. Proprio come un secolo fa.

Se ne va la generazione concepita durante il secondo boom economico. Il tempo in cui l'Italia si è riscattata dal suo passato. Partono soprattutto loro. Quelli che hanno vissuto quel liberismo sfrenato, e quella globalizzazione senza regole.
Non è la fuga dei cervelli che fuori confine inseguono la loro qualifica. Non si parte per realizzare il proprio sogno. Vanno per necessità, per disperazione, perché dopo anni di disoccupazione o di contratti saltuari non c'è alternativa.

È sicuramente un'emigrazione meno misera e drammatica. Internet aiuta a tenere i contatti, a non perdersi. Ma dentro, nell'animo, lo strappo è altrettanto forte. Emigrare è vero è una presa di coscienza volontaria, ma questi giovani  sono anche il ritratto di un paese che questi ragazzi hanno deciso di abbandonare perché continua a non ascoltarli. 
È come il capotreno che responsabile del treno che li porta al futuro, all’improvviso decidesse di fermarsi e non ripartire.


martedì 1 novembre 2016

ricomincio da qui



Ricomincio da qui…  da questi versi di Alda Merini, che in questo lunga assenza travagliata da mille preoccupazioni mi hanno portato giorno dopo giorno a metabolizzare quello che speri non arrivi mai. Voglio dedicare questo post a mio padre che da qualche giorno mi ha lasciato si un vuoto, ma una forza d’animo che non ha eguali.

Io come voi sono stata sorpresa
mentre rubavo la vita,
buttata fuori dal mio desiderio d’amore.
Io come voi non sono stata ascoltata
e ho visto le sbarre del silenzio
crescermi intorno e strapparmi i capelli.
Io come voi ho pianto,
ho riso e ho sperato.
Io come voi mi sono sentita togliere
i vestiti di dosso
e quando mi hanno dato in mano
la mia vergogna
ho mangiato vergogna ogni giorno…

la follia è un fatto umano non può oggi racchiudersi in una patologia, dividendo per pura comodità i sani dai pazzi, ma riguarda ognuno di noi , perché la distanza che intercorre tra chi si ritiene mentalmente sano e chi viene ritenuto folle è separato da un filo sottilissimo.

Oggi viviamo in una società completamente impazzita dove la logica ha creato un sistema irrazionale, dove il funzionale ha preso il sopravvento, tanto da definire questo sistema “kafkiano” dettato da regole troppo spesso incomprensibili. Dove la lucida follia dell’uomo moderno che tutto calcola e riduce a concetti si contrappone alla stravaganza di chi ha cercato la vita senza chiedersi com’era, o come fare a possederla.

Folle, folle è colui che crede che il proprio io è senza limiti. Folle è colui che nonostante i propri viaggi mentali non riesce a ritrovare il sentiero di casa. Non chi abbandona la convenzione per un giorno, per indossare la sua vera essenza. Spesso ci perdiamo in parole che non conosciamo, le sfruttiamo solamente ma alla fine non le amiamo.


Allora io voglio essere un folle, se essere folli significa essere veri, di essere vivi, di prendersi i propri spazi, di avere il coraggio di urlare o di piangere. Di vivere nella vera incertezza e cercare di rendere reale il mio sogno. Quello  di invecchiare con alle spalle una vita vissuta che paga meno in denaro ma più di sorrisi, e non essere morto schiacciato da un sistema che non mi lascia dormire