venerdì 17 aprile 2015

Ma valere significa mostrare?



Molte persone guidano auto di grossa cilindrata o vestono alla moda solo per sentirsi più sicuri e fiduciosi nell’affrontare le prove della vita e spesso alla domanda generica come stai? Solitamente non ti senti rispondere:  “bene grazie” o “non sto attraversando un buon momento ma prima o poi passera” .

 Ma in tanti ti fanno il resoconto della propria vita, raccontandoti dei propri vissuti, ma soprattutto elogiando il suo modo di rapportarsi con i modelli sociali che configurano l’uomo soddisfatto e considerato.

Ecco per queste persone valere significa mostrare, mostrare le proprie capacità le proprie competenze, la propria dedizione, i propri meriti. Tali atteggiamenti però evidenziano un allontanamento da una parte di sé. Uno scollamento da una sensibilità affettiva propria della natura umana, e mostra il suo aspetto dannoso nell’appropriazione di tutti gli spazi esistenziali, diventando tema dominante della vita.

Tema per il quale domina la preoccupazione di mostrare a se stessi e agli altri di essere in ogni momento adeguati, così da relegarsi agli antipodi della condizione emotiva  più a rischio di sofferenza: l’insuccesso e la debolezza.

Ecco che la vita diventa un susseguirsi di prove da superare, e come nei videogame, per ogni livello superato se ne apre uno nuovo sempre più difficile, così come nel gioco non si avrà fine, fin quando non avrai perso l’ultima energia disponibile per poter proseguire.

Questo gioco crea dipendenza,  poiché ogni risultato acquisito, procura una sicurezza transitoria, la quale per stabilizzarsi ha bisogno di essere supportata da continue conferme, che perciò diventano mete obbligatorie, irrinunciabili.

L’esistenza così imposta viene mutilata, perché non riesce a vivere nelle molteplici possibilità che la natura di mette a disposizione, non riesce ad esprimersi nei modi possibili dell’essere. In fondo è un’esistenza a tema fisso, che rende prima o poi l’individuo totalmente dipendente.

martedì 7 aprile 2015

il carrozzone Expo2015


c’è chi crede ai miracoli, c’è chi pensa che al mondo il messia è solo uno, c’è chi trova la formula per la disoccupazione o per debellare la fame nel mondo,  c’è chi pensa di essere genio solo perchè sa fare 2+2 con la calcolatrice, e poi naturalmente c’è lui ….

Di chi stiamo parlando? Dell’italiano, e di quel vizio che ha di volersi adattare a ciò che non si è mai stati. A volte, può andar bene,  l’adattamento permette di essere capaci di affrontare le varie vicissitudini che la vita ci pone davanti. Altre invece, è solo un pasticcio.

Tra meno di un mese partirà il carrozzone Expo 2015, e notizie di questi giorni, si arriverà all’inaugurazione dell’evento con tanti padiglioni  non del tutto o per niente disponibili, compreso il padiglione Italia. Senza contare i vari collaudi degli impianti, e tutte le  infrastrutture.

Lo sapevano dal 2008 che questo evento volente o dolente ci sarebbe stato, non è che si era entusiasticamente convinti, ma almeno  visto l’impegno preso, si poteva almeno farlo a modo e per tempo.  Invece, come del resto accade ogni volta, siamo qui a polemizzare sui fiumi di denaro  finiti chissà dove. E non consola poter legittimamente supporre che anche questo ritardo italiano  sia ritardo da inefficienza e incapacità. L’Italia è quel paese al mondo che ha prodotto meno del 10% delle opere pubbliche programmate, saltando tutti i controlli, e ha in media triplicato i costi degli appalti. L’Italia è quel paese dove se vuoi rispettare tutte le regole, c’è sempre un ricorso al Tar, da parte di un comitato del NO, pronto ad appigliarsi su qualsiasi virgola di un periodo, perché magari grammaticalmente scorretto.

…. È vogliamo parlare della strategia di  marketing? Costata 5 milioni di euro,  un vero misfatto ai danni dell’intelligenza collettiva.  “verybello” sembra il nome del fratello di Cicciobello. Un sito oltre che brutto anche inutile visto che attualmente è ancora scritto nella sola lingua italiana e tradotto solo in inglese. anche se Franceschini stesso, quando presento il progetto ci tenne a precisare che sarebbe stato tradotto in altre lingue.

 “presto sarà tradotto??”  cinque milioni buttati al cesso, perché nessun straniero che non conosca l’italiano o l’inglese potrà mai  navigare e capire qualcosa sul sito, che tanto caro fu al Ministro dei beni culturali  “Sempre caro mi fu quest'ermo colle”.


questa  non è metafora, ma la parodia triste della politica  italiana.  che l'Expo sia una grandissima opportunità per l’Italia  l’hanno capito tutti. Ma quello che mi viene da chiedere se e come saremo pronti. Pronti a far vedere al mondo quello che il mondo già conosce, le nostre specialità che ci rendono unici. E pronti pure a mostrare tutti i nostri limiti. Di quest’ultimo, davvero, non ne sentivamo il bisogno.

mercoledì 1 aprile 2015

Gli equivoci della spiritualità


Il mercatino delle cianfrusaglie spirituali pullula delle più affascinanti fantasie…ogni paese ha il suo, condito delle sue tradizioni. Nemmeno le religioni si sono salvate  dal fenomeno della globalizzazione.

Oggi così come viene percepito, il concetto di spiritualità,  é spesso sottoposto, in assoluta buona fede, a letture ambigue e riduttive, e contribuiscono a rendere l’uomo della massa, a non avvertire il bisogno della ricerca spirituale. 

Si sente ripetere frequentemente che l’uomo di oggi ha sete di spiritualità, ed é vero, ma spesso questa sete viene saziata con risposte esaltanti, con l’offerta di esperienze fuori del comune con la promessa di interventi miracolosi,  é questo non fa altro che diffondere equivoci.  

 In termini più generali, potrebbe essere confusa con gli innumerevoli,  sforzi di cui l’umanità ha sempre dato testimonianza. E non mancano neppure oggi impegni in tal senso, quando si pongono in atto energie per la pace, per la realizzazione di una fratellanza universale, quando si coordinano interventi del tutto gratuiti in favore di chi soffre.

Ma la spiritualità  ha alcune caratteristiche peculiari e proprie, che consentono di non confonderla con questo pur meraviglioso e diffuso impegno. La spiritualità  é vita secondo lo Spirito, é spiritualità di risposta e non di iniziativa. Ed implica la capacità di comprensione profonda delle domande esistenziali e la visione di livelli molteplici di coscienza. Essa  emerge verso una consapevolezza sempre più profonda della materia, della vita, del corpo, della mente, dell’anima e dello spirito.

 Forse molta parte del rifiuto nei confronti della spiritualità, dipende da questo equivoco di fondo, dalla pretesa, cioè, che essa si realizzi quando l’uomo compie sforzi sovrumani per raggiungere il trascendente ed entrare in contatto con esso.

Mentre la spiritualità è uno stato mentale creatosi a seguito della chiara, reale e palpabile nullità della nostra esistenza della quale è fin troppo evidente l’assenza di senso del nostro vivere.

La natura ha messo a disposizione della vita forme di autodifesa eccezionali ed ha la capacità di “autoripararsi”. Nell’uomo, animale sensibile, quasi sfuggente alla sua stessa natura creatrice, questa autoriparazione esistenziale che protende alla sopravvivenza, si chiama spiritualità, lavora sulle ferite dell’anima e le rimargina cercando nel mondo della fantasia una realtà che realtà mai potrà essere.

 Pare che quei mercatini citati all’inizio  siano in grado di offrire teorie e pratiche a basso costo ma altamente affidabili in termini di capacità di ritorno logico, affinché quei processi mentali possano far fluire liberamente la fandonia acquistata, trasformandola in realtà.