venerdì 14 novembre 2014

il ruggito del Po



ll Po il grande sornione,  scorre tacito e silenzioso, scandendo la vita e i ritmi della gente del Po. Ma quando ruggisce fa sentire la sua voce, e mai come oggi il suo ruggito echeggia nella piana ricordando che come il re della giungla esige rispetto, e questo la gente del Po lo sa. 

Tutti dovrebbero avere rispetto con i fiumi e i torrenti che a migliaia solcano la nostra cara e ferita Italia. 

Ma non è sempre così. Per un po’, per qualche misterioso capriccio della natura, i fiumi si lasciano andare, diventano secchi, consunti putridi e ci regalano le zanzare.

Qui sta il grande errore, l'uomo chiede e pretende  confidenza, ci vanno a vivere dentro, non li curano più, tanto ormai … Così le tante autorità si perdono nella burocrazia, le manutenzioni non si fanno, i detriti accumulati non si tolgono. Manca poco che si diano le licenze edilizie. Ma quelle, in Italia, non servono. 

Poi un bel giorno il fiume alza la testa, ruggisce manifestando tutta la sua ira, e spazza via tutto, risvegliando dal torpore  i tanti che avevano diagnosticato la sua fine. Fortuna vuole che la gente del Po ha imparato a convivere  con la forza e la violenza del grande fiume con il quale fanno i conti da millenni.

giovedì 13 novembre 2014

la ""religione"" del progresso



L’uomo moderno constata e ammira il progresso scientifico e tecnico, ma dubita che esso equivalga necessariamente a un progresso assoluto e senza aggettivi. Rimane ancora salda, nelle espressioni più avanzate dell’umanesimo moderno, la fiducia nel sapere scientifico e nell’operare tecnico. Ma l’ideologia del progresso, la fede nel continuo perfezionamento morale e culturale dell’uomo vengono criticate aspramente.

Il confronto inevitabile con i fatti e con le realtà, è una denuncia quotidiana del carattere illusorio e utopistico di quella pur generosa ideologia. La religione del progresso ebbe già nei secoli passati i suoi apostati, Schopenhauser, Nietzsche, per esempio. I lamenti funebri sul tramonto dell’occidente sul crollo e sulla disgregazione della nostra civiltà  e dei nostri valori sono sempre più diffusi. Esiste addirittura una letteratura sulla decadenza dei nostri tempi e sulla nuova apocalisse che incombe, basti pensare a Heidegger, o a Klagges, per finire con Gunther Andres. Come in tutti i periodi di crisi e di sgomento, attendono la fine della storia in corso e la fine dell’era presente.

Contro la pericolosa fascinazione dei neo-apocalittici, valgono le critiche che giustamente si sollevano contro ogni sorta di fatalismo o inerzia. Ne il bene ne il male, nel il progresso ne il regresso si compiono come un fato al di sopra della nostra testa. Nessun altra epoca ha mai avuto i mezzi che oggi esistono concretamente, per allontanare gli spettri del nulla e della distruzione.


Il nostro futuro dipende dalle nostre iniziative, da quell’ottimismo della volontà consapevole, che è più forte di ogni pessimismo intellettuale. Cerchiamo quindi, nelle cose piccole e grandi, nella vita quotidiana  e nei problemi più vasti, di agire fiduciosamente entro i limiti delle nostre reali possibilità, che non sono illimitate e infallibili, ma non sono nemmeno poche precarie o irrealizzabili.

il nuovo umano | l'uomo eterodiretto


La società contemporanea produce su scala sempre maggiore e con un ritmo sempre più accelerato un nuovo tipo di umano. Questo nuovo personaggio che emerge e che sembra balzare fuori dalla terza rivoluzione industriale è l’uomo eterodiretto.

La cultura greca, il rinascimento, l’umanesimo, avevano idealizzato la figura dell’uomo autodiretto, un umano che sembrava attingere dentro se stesso il criterio e la guida del proprio comportamento, quasi dotato di un interiore giroscopio psichico che lo manteneva in costante equilibrio. Anche il mondo borghese e liberale riconobbe il suo paradigma umano in questo personaggio energico, coraggioso, innovatore e fiducioso della propria forza e della propria iniziativa.

L’uomo eterodiretto, invece, prodotto in serie da una società tecnica burocratica, industriale e razionalizzata, non aspira a raggiungere un suo solitario e aristocratico equilibrio individuale, non desidera emergere e differenziarsi nettamente dal  gruppo sociale di cui fa parte. Secondo la felice visione di David Riesman, l’uomo eterodiretto è munito di radar le cui sensibili antenne gli consentono di avvertire immediatamente la posizione in cui sono gli altri suoi simili, e di seguire con prontezza la loro rotta.

Conformarsi alle aspettative e alle richieste del gruppo, rimodellare senza drammi se stesso per interagire o adattarsi al comportamento del gruppo e venire sostenuti e approvati, ecco gli imperativi ai quali sembra obbedire disinvoltamente questo tipo di umano condiscendente e cooperativo, duttile e malleabile fino all’impersonalità, socievole fino alla anonimia.


L’industria, la scienza, la tecnica, l’organizzazione burocratica della civiltà moderna, hanno lasciato ormai una profonda traccia. Essi sono fenomeni diffusi e radicati in tutto il mondo e ovunque determinano situazioni analoghe. Ormai per quanto possiamo presumere dagli sviluppi attuali della storia, e senza abbandonarci in profezie impossibili, la crisi dell’uomo eterodiretto è destinata ad approfondirsi ancor di più fino a raggiungere forme drammatiche.

giovedì 6 novembre 2014

il senso delle proprie azioni



Se fossi meno sensibile e me ne fregassi maggiormente degli altri otterrei molto di più... non ho più fiducia in nulla, la vita mi ha insegnato che è inutile farsi in quattro per gli altri... Meglio tirare i remi in barca e appartarsi al sicuro nella propria casa””

Queste argomentazioni sembrano affermare una sorta di abdicazione alla vita, ma non regge. Essa stessa esprime una scelta di vita, essa stessa è una direzione data all’esistenza. Si potrebbe dire che la direzione sia orientata verso una linea difensiva, verso una linea che cerca di limitare il confronto con il mondo e quindi il rischio di una sconfitta.

Ma quanto è reale questo vantaggio, quanto questa scelta ci consente di evitare un malessere? E come è possibile stabilire se una certa direzione intrapresa sia giusta o sbagliata? Il compito non è certo di facile soluzione, ma è importante porselo, è importate capire dove si sta andando, poiché non tutti i punti di arrivo hanno lo stesso valore.

Tuttavia bisogna ammettere che la formulazione di questi quesiti è sicuramente mal posta, in quanto non è possibile dare una risposta, perché nessuno può formulare con certezza una lista di cose da fare per star bene. Diciamo piuttosto che ognuno di noi ha la possibilità di cercare la propria lista di senso.

E’ un fare che ci proietta verso possibilità, e potenzialità infinite.
E’ un fare che prende forma e slancio attraverso lo spazio dedicato ad ogni desiderio, ogni speranza e ogni sogno.
E’ un fare  che acquisisce il suo equilibrio nella misura in cui tiene conto dei limiti e dei condizionamenti che appartengono alla vita.


Del resto ogni individuo ha imparato a leggere partendo dall’incapacità di leggere, ha imparato ad andare in bicicletta partendo sempre dall’incapacità di condurla. La natura umana, nei suoi limiti, nei suoi desideri e nelle sue speranze, traccia la direzione della sua realizzazione, ed ognuno è chiamato ad esprimere la sua originalità. Questa è la direzione che in tanti hanno smarrito. Richiudersi nel proprio guscio non ci tutela dalle delusioni, poiché siamo costantemente chiamati a fare i conti con i nostri desideri.

lunedì 3 novembre 2014

LA BIMBA PERSA E LA DONNA RITROVATA



La lascio urlare a tutto fiato, le sue grida di gioia lasciano fluire fuori tutto il sentimento per il suo primo amore, per esaurirsi poi in un pianto liberatorio.

Kia (Chiara) comincia a considerarsi, ad aprirsi al mondo del suo bisogno, del suo desiderio, ascolta i sentimenti belli e brutti, buoni e cattivi, sentimenti per la prima volta suoi, che vuole accettare e capire. Ha sciolto i suoi capelli, tenuti fino ad ieri composti intorno al capo, così com’erano i suoi gesti e la sua mimica. E’ entrata in quel mondo che pensava non le appartenesse.


La sua collana che le adorna il collo e i capelli sciolti, diventano il simbolo della sua femminilità, di un femminile che si rinnova. Kia finalmente comincia a chiedere, a fidarsi e ad interrogarsi, ed accetta le espressione dei suoi sentimenti. Pian piano lascia fluire i suoi sogni, riconoscendo le capacità della sua mente di proiettarsi verso un futuro meno pieno di paure. 

Kia vuole rischiare.
 Kia comincia una nuova vita.