venerdì 28 febbraio 2014

QUANDO ANDAVO DAL TABACCAIO .....



Questa mattina tornando a casa, non so per quale motivo il mio sguardo si è rivolto vero la vecchia tabaccheria del paese, il ricordo mi ha pervaso la mente quando da adolescente, andavo a comprare le sigarette con la scusa più banale “sono per mio padre”  (premetto che mio padre non fumava) e il tabaccaio con un sorriso rispondeva: “di a tuo padre che fumare fa male alla tua sualute!!!!”

Per chi ha un po’ di anni, questo era un luogo “con tanti di quei perché” che forse non riuscirò a spiegare. Intanto l’odore: un po’ di tabacco, un po’ di carta, o meglio, di carta a contatto col tabacco, una punta di zolfo, una di colla da francobolli – acidula – , e sotto sotto ci trovavi anche sentore di polvere, liquirizia, gas da accendini e brillantina. Da bambino, entrare in tabaccheria, era come entrare nel paese delle meraviglie. Intanto perché per me, visto che la tabaccheria era a non più di 50 metri da casa – fondamentale – dallo stesso lato della via, l’andarci è stato il primo passo nel processo dell’autonomia.

 in tabaccheria compravo i fogli protocollo per i compiti in classe, al mattino andando a scuola. Due, uno per la brutta e uno per la bella, e il tabaccaio me li arrotolava fermando il rotolo con una vecchia schedina del totocalcio, giallina, o rosa, del totip. E le bustine di minerva, le scatolette di cerini con i paesaggi d’Italia, i nobili Svedesi e gli umili “fuminanti” da cucina e le sigarette vendute sfuse… Potrei continuare, ma mi fermo …. troppa nostalgia.

Oggi l’insegna nera con la “T” bianca e la scritta sale e tabacchi è sempre la stessa, un pacchetto di bionde si può sempre acquistare cosi come accendini, penne buste per lettere e altra cartoleria, c’è pure il sale, solo che è chiuso dietro uno sportello e per raggiungerlo il tabaccaio di solito deve spostare un lenzuolo di gratta e vinci. Il resto sono monitor luccicanti, terminali di varia grandezza e spesso slot machine. Su di essa, sotto forma di bit, viaggiano ormai miliardi di euro di bollette, tasse, giocate e ricariche telefoniche. La tabaccheria infatti non è più quella di una volta, ed è proprio per questo che continua ad esistere, le puzzolenti nazionali sono un ricordo del passato, ormai gran parte del business è inodore…..


Oggi la mia mente è pervasa dai ricordi, un po’ nostalgico rammento la mia adolescenza quando l’ingiustizia più grave era quella di rincasare la sera ormai buio e ad una certa ora bisogna essere in casa altrimenti rischiavi la cena …….

lunedì 24 febbraio 2014

QUESTIONE DI TEMPO .....

“Il tempo non è mai abbastanza”: lo sentiamo dire sin da bambini. Ce lo dicevano le nostre nonne, e a loro lo dicevano le loro madri. Naturalmente, se pensiamo ai ritmi tipici di una società contadina, in cui vivevano i nostri avi, e li paragoniamo a quelli odierni, ci viene da sorridere. La penuria di tempo lamentata dalle bis-nonne noi lo consideriamo un’abbondanza senza limiti: ai tempi della Società in rete, la vita, mentre si espande negli anni grazie ai progressi della scienza e della medicina, si comprime nella sua organizzazione; le giornate delle persone comuni sono cadenzate come quelle di un manager: colazione, lavoro, palestra, lavoro, spesa, figli a scuola, figli in piscina, cena con gli amici, telegiornale della notte, sonno (rapido, anch’esso)…
  
Naturalmente esistono tempi e tempi: il disoccupato, povero di lavoro, è ricco di tempo. All’inverso l’occupato, ricco di beni materiali, soffre invece una preoccupante carenza di tempo. Robert Reich, che fu ministro del lavoro nella prima amministrazione Clinton, racconta di aver dato le dimissioni da quello che considerava il “lavoro più bello del mondo” quando si rese conto che, svolgendo una attività che lo gratificava, dedicava tutto il suo tempo soltanto a quella: “Avevo perso contatto con la famiglia, vedevo poco mia moglie e i miei due figli. Avevo perso contatto con i vecchi amici. Cominciavo perfino a perdere contatto con me stesso…”

Naturalmente, man mano che si prende coscienza del fenomeno del dissolvimento del tempo libero, aumentano anche i tentativi di riportarlo “sotto controllo”. Quasi tutti passano per operazioni di restyling: bisogna intervenire sul tempo.


Quindi cosa aspettate, chi ha tempo non aspetti tempo ….. !!!!

venerdì 21 febbraio 2014

BUROCRAZIA O CRETINOCRAZIA?


Il suffisso crazia indica il potere detenuto dal prefisso. Per Marx era: lo stato immaginario accanto allo stato reale, per Creuze: un insieme di circoli viziosi.

La burocrazia si basa su regole, rituali e procedure impersonali, astratte e immodificabili; con il tempo però si  è appoggiata sempre più a metodi quantitativi. In Italia, chiunque voglia dar vita a un’impresa è scoraggiato dalla pletora di burocretini, che esercitano,  il potere del timbro.  Per colpa loro i tempi diventano lunghissimi e l’esito incerto.

 “Il paziente è morto”, ma se la procedura è stata rispettata, non ci sono problemi, di fronte ad una critica per comportamento inadeguato, è consueta la giustificazione puerile: “ho fatto quanto mi era stato detto”, oppure la più assolutaria: “la procedura vigente non è stata violata”!!!

Purtroppo però certe disgrazie avvengono, proprio perché chi doveva scongiurare si è attardato a capire come comportarsi, per evitare fastidi, o di decidere chi dovesse intervenire per primo. Le tragiche alluvioni di questo ultimo periodo ne sono un esempio.

Il massimo avviene quando si cerca di integrare i codici, con eccezioni e casi particolari, questi sono degenerati in una cosa mostruosa e complicatissima, dai risvolti Kafkiani. Ecco il proliferare di commercialisti, giuristi e avvocati, che riescono ad argomentare interpretazioni anche contrarie allo spirito della legge originale. Di burocrati è piena la nostra società, e, mentre noi andiamo a picco, cresce la loro lotta in difesa della cretinocrazia (altro potere molto simile alla burocrazia). Ne deriva che in ognuno di noi si annida un piccolo o grande burocrate.

Giovanni Giolitti diceva: “per i nemici è i poveracci la legge si applica, per gli amici, e i potenti, si interpreta

chi, se ne approfitta, e nel contempo si lamenta della burocrazia ….è un villano


sabato 15 febbraio 2014

IL MITO DELLA BELLEZZA !!!




Mito eterno di donne ed uomini: il raggiungimento della bellezza.

Che cosa è la bellezza!!  è un interrogativo che ha occupato e continua ad occupare la mente.  Solitamente la nostra concettura è quella di inseguire ideali estetici, andando in palestra, seguendo una dieta povera di dolci e snack poco salutari, usando creme e prodotti per la bellezza. Eppure la bellezza non è questa!!!

La bellezza non ha un fine, non ha alcuno scopo, essa è solo un gioco di cause ed effetti senza finalità. l’uomo ha un forte limite, può conoscere soltanto il fenomeno, può conoscere solo il mondo come gli appare in quanto filtrato dalle sue stesse strutture conoscitive: spazio, tempo, categorie e idee, ma non può assolutamente raggiungere la realtà quale è in se stessa. La cosa in sé è inconoscibile.

La bellezza è assolutamente al di là delle nostre possibilità di conoscenza. La bellezza è una qualità che esiste solo nella mente, di chi, avendo trovato il senso del proprio valore, della propria armonia interiore, riesce a scorgere queste stesse cose all'esterno, negli altri, nelle situazioni quotidiane.

Il bello, non deve essere erroneamente fatto coincidere con la mera materialità di labbra siliconate, seni plastificati, volti in stato di perenne mummificazione, oppure a passeggeri momenti di rilassatezza e appagamento dei sensi primordiali. Il bello deve essere qualcosa di più nobile, di più elevato, qualcosa di non necessariamente legato alla fisicità. Ma deve essere un qualcosa che ci accompagni ogni giorno, guardando un paesaggio o un tramonto, incontrando una persona, vivendo una relazione, ammirando un’opera d’arte, ascoltando una musica. La bellezza deve essere legata ad un senso di quasi puro misticismo.

La Bellezza è l’unica cosa contro cui la forza del tempo sia vana. Le filosofie si disgregano come la sabbia, le credenze si succedono l’una sull’altra, ma ciò che è bello è una gioia per tutte le stagioni, ed un possesso per tutta l’eternità.
Dunque che cos’è la bellezza?
Ebbene, è difficile trovare una risposta ad un quesito comprendente così tante sfaccettature abbraccianti sia i campi dell’io e dell’individualità, che i campi della fredda obbiettività, tuttavia, cercando di dare una soluzione a questo interrogativo, ben ci si può rifare a quanto Dostoevskj fa urlare ad uno dei suoi personaggi: “La bellezza: che tremenda e orribile cosa! Là gli opposti si toccano, là vivono insieme tutte le contraddizioni!”.


giovedì 13 febbraio 2014

LEGAMI MASCHILI ...AMICI MIEI ....


UNA DONNA SARA’ PURE LA PARTE  MIGLIORE DI UN UOMO, MA LE VERE ANIME GEMELLE SONO I COMPAGNI DI GIOCHI E DI BEVUTE, CON I QUALI SI PUO’ DISCUTERE, ENTRARE IN COMPETIZIONE, SENTIRSI LIBERI FINO A PIANGERE E STARE INSIEME PER ORE SENZA FARE NULLA, UN’UNIONE RARA, UN BALSAMO PER L’ANIMA



L’amicizia fra uomini è uno dei grandi misteri della vita, e anche chi ci fa gran conto, riesce a malapena a spiegare il perché. Io credo che gli uomini possono condividere qualcosa di cui le donne non ne fanno parte: una sorta di libertà, si una sorta di provocazione, che non prelude al sesso, una specie di matrimonio dell’ego.

Ricordo una delle tanti notti restato sveglio in compagnia dei miei amici, non c’era nulla su cui andavamo d’accordo, ma fu una notte fantastica e memorabile, il tema della serata era Margaret Tatcher e del suo comportamento nella guerra delle Falkland, ma più discutevamo e più ci sentivamo vicini, pronti ad abbracciarci , cosa che facemmo, agitando, in modo patetico una bottiglia di prosecco. A voler essere proprio sincero quella è stata una delle notti migliori.

Il punto non è la moglie, o la compagna, o la fidanzata, rompiscatole, è l’IO rompiscatole. Gli uomini non si confrontano con le donne, neppure quelle che amiamo, ci confrontiamo con i nostri simili, e ci vediamo più grandi o più piccoli a seconda di quanto bravi siamo nelle competizioni.

La verità e che noi ci diamo una carica di virilità, l’uno con l’altro, anche se poi c’è chi passa la vita a sottolineare i pregi del fazzoletto da taschino. Sappiamo solo che un buon amico si sorbisce le tue stronzate senza giudicarti e senza neppure farci troppo caso. Ma non perché bisogna essere concilianti, ma perché un amico a fine serata non ti chiede nulla, puoi dire cose sagge o stupide, può essere d’accordo o in disaccordo, poco importa, il suo compito è essere se stesso. Ecco su cosa contiamo nelle nostre amicizie: il non detto che fa sentire vicini, la tranquillità che copre la paura. E poi tutti gli uomini temono di essere dei falliti, è cosi, ecco perché abbiamo bisogno di buoni amici che falliscono al nostro fianco. Questa può essere l’amicizia tra uomini, se non la soffochi d’ansia.


Secondo me il significato dell’espressione “la mia metà” andrebbe rivisto: una donna, non è l’altra metà di un uomo, da sola può essere un tutto, fatto di ciò che per lei conta, di ciò che la rende speciale. L’altra metà di un uomo è il suo migliore amico, la sua scintilla vitale. È un’unione viscerale, più che intellettuale, una sorta di empatia esistenziale, chiamatela come volete ma è così!!!

martedì 11 febbraio 2014

IL DECALOGO DELLE SCELTE


C’è un modo migliore per vivere, scegliere!!!


 La chiave è nella scelta. Avete delle possibilità. 
Chi vive infelice nel proprio fallimento non ha 
mai esercitato la sua opzione di vivere meglio perché 
non è mai stato consapevole di avere delle scelte.

Mi piacciono i principi stimolanti facili da capire, identificare un modo migliore di vivere con una sola parola “vivere”

Ho deciso di ricordare tre cose fondamentali, e cioè:

  • ·   Io non posso controllare sempre ogni cosa che mi capita,    a volte posso, a volte non posso
  •    Non posso sempre controllare la mia risposta a una data   situazione, i miei atteggiamenti, le mie reazioni e le mie     prospettive sono una mia scelta personale
  •    Avere sempre un certo controllo  sulla mia vita, sebbene le circostanze siano spesso incontrollabili, io solo posso decidere come posso rispondermi
Questo approccio mi ha spinto a creare questo decalogo delle scelte per la mia vita, è un modo per caricarmi e rammentarmi il mio potere di fare delle scelte e di agire di conseguenza. 

Questo decalogo (mio personale e certo opinabile da tutti) mi ha permesso di stabilire il mio livello di insoddisfazioni o di soddisfazioni, di frustrazioni o di contentezza, di felicità o di dolore. 

Un segnale di allarme si accende quando  vacillo dal mio impegno. Certo non voglio dire di essere padrone di questo, o di saperlo mettere in atto perfettamente, vivere però all’altezza degli standard è una sfida quotidiana, tuttavia, mi sforzo di accettare le responsabilità della vita, delle mie scelte, io dunque mi concedo di stabilire la qualità della mia vita. 

Non diventare vittima di me stesso, stabilire cosa funziona nella mia vita, perché quello che faccio oggi mi farà progredire verso quello che vorrò essere domani. Non affrontare la giornata con le dita incrociate dicendo che spero che domani sia migliore, fare delle scelte basate sui miei valori anziché sulle circostanze o sulle emozioni, fare ciò che ritengo giusto indipendentemente da come mi sento, le emozioni seguiranno.

A lungo andare noi formiamo la nostra vita e
formiamo noi stessi. Il processo finisce solo con la
nostra morte. E le scelte che facciamo sono, alla fine,
responsabilità nostra.

Eleanor Roosevelt





domenica 9 febbraio 2014

VIDEOMORFOSI


Con il digitale terrestre, e la pay-tv sembra che l'aria un po' statica  della TV italiana, sia cambiata. Dal tempo del canale unico, punto di riferimento per una popolazione in cerca di identità,  ha subito arresti ed accelerazioni. Prima di decretare la morte effettiva della TV italiana, bisognerebbe capire quando questa ha cominciato il suo declino. Ormai la TV presenta replicanti di quiz, e sosia di talk show, tutte trasmissioni "copia-incolla" le une delle altre. 

Si sa quando ci si accoppia tra simili, generalmente il risultato è pessimo. La TV generica è in debito d'ossigeno, troppa preoccupata di una concorrenza defunta a sua volta. Ormai l'indice d'ascolto influenza la TV e viceversa, e la necessità di fare cassa  l'ha portata a  un'inevitabile emarginazione....

Effettivamente basta dare uno sguardo alla programmazione televisiva contemporanea per chiedersi dov’è la qualità e chi sono molte delle persone che bazzicano nelle arene televisive per esprimere la loro opinione.

Dov’è finita la Tv maestra? Ai suoi esordi la televisione ha svolto il ruolo di maestra contribuendo all’alfabetizzazione degli italiani, ma col tempo cos’è diventata? Uno sorta di scatola pigliatutto. L’insofferenza più dura spetta invece alle cosiddette  tele risse che mettono a dura prova la mia pazienza. 

Prima che sia troppo tardi, qualcuno dovrebbe interrompere questo inseguimento senza fine. Ma è difficile che ciò avvenga per iniziativa di noi spettatori inermi.  E ho il sospetto che neppure i media, siano disposti a cambiare una programmazione che garantisce ancora ascolti, anche se usurata. Così è probabile che lo "spettacolo" continui. Con gli stessi format. Con gli stessi effetti sul "pubblico". Tutti insieme: sfiduciati e scontenti. Fino al collasso del clima d'opinione. Che, in effetti, sembra ormai prossimo.

Non voglio e non posso  qui celebrando la “morte” della televisione, ma solo quella di un modello. Con il medesimo grado di sicurezza sono convinto che il mezzo televisivo abbia davanti a sé un futuro raggiante, laddove riuscirà ad integrare prodotti targhettizati di più alto valore sociale, perchè la gente ha ancora bisogno della televisione.

Aspettando che questo accade non mi resta altro da fare da dedicarmi a una buona e sana lettura.

venerdì 7 febbraio 2014

STREGHE E MADONNE


Ci conformiamo agli stereotipi di genere della pubblicità e dei media, perchè siamo troppo stanchi e distratti per  accorgerci che l’evoluzione dei costumi  sta facendo un giro su se stessa.

Nonostante le aperture verso il terzo sesso, operato da diversi brand (soprattutto perchè le leggi economiche, più  che quelle etiche lo impongono), nonostante le immagini pubblicitarie di uomini che si intendono di detersivi e pannolini, e donne manager sempre troppo di fretta, in cuor nostro non ci siamo spostati più di tanto dall’immagine della famiglia felice degli anni ’50 (per intenderci la famiglia modello mulino bianco): il marito che porta a casa stipendio e la donna che cucina e rassetta casa.

La cosa più triste è che il marketing pubblicitario sembra essere più avanti dell’effettiva realtà delle cose. Al di la dei problemi familiari, il tempo dell’emancipazione femminile sembra essersi fermato. Essere a metà strada tra i paesi del nord Europa e lo Yemen delle spose bambine è come essere in mezzo alla dimensione spazio temporale del “vorrei ma non posso”, un guado melmoso di promesse non mantenute.

Non si può certo imputare alla pubblicità la creazione di modelli di comportamento, ma la si può comunque ritenere responsabile del rinforzo di quelli esistenti, l’esaltazione del corpo femminile, degli anni ’50, in poi, ha subito una parabola discendente, che non ha rispettato né il corpo, né le idee delle donne.

Gli anni del boom economico ci restituiscono l’immagine di una donna che guarda speranzosa verso il miglioramento della propria posizione sociale, negli anni ’70 non si era già più streghe, ma madonne, e le femministe rivendicavano una posizione che fosse quella di persona pensante ed indipendente. Un gran passo avanti, che però ha segnato un’inevitabile mascolinizzazione del genere femminile, che per ottenere gli stessi risultati del sesso forte ha dovuto tirar fuori gli attributi e mettere da parte, almeno per un po’, la sua indole femminile. 
Poi gli anni ’80 e ’90, e ancora il nuovo millennio, hanno tappezzato i muri delle città ed il nostro immaginario collettivo, di corpi senza anima, uno stereotipo ripetuto all’infinito, verosimile, quindi reale, mentre la mamma di famiglia rimane sempre uguale a se stessa e continua a preparare la colazione sulla tovaglia quadrettata, nonostante gli equilibri sociali siano cambiati, pensiamo alle famiglie allargate, alle mamme single, all’immigrazione ecc. ecc.

Trent’anni di macellazione sessuale che ben poco ha lasciato all’immaginazione, ci ha portato a credere che le donne devono portare la 38, e avere 5° di reggiseno e le labbra a canotto, tutto sommato delle bambole di carne e silicone, ancora santificate in cucina e dannate in tutte le altre stanze, come se il tempo non scorresse più, ed il “se non ora quando” si fosse trasformato crudelmente in un “per adesso non ci sperate”

Non bisogna però credere che i moti femminili abbiano alzato un polverone inutile. Grazie a coloro che negli anni Sessanta hanno portato avanti questa causa, si è arrivati a conquistare la libertà di scegliere se e come accedere a quelle aree di competenza prettamente maschili, come arruolarsi nell’esercito o diventare un manager di successo, solo per fare qualche esempio. Ma ora che le donne sanno di poterlo fare, scelgono spesso una vita completamente diversa, quella che conducevano le loro nonne. Da un punto di vista sociologico questo ritorno al passato può essere inteso come  un riappropriarsi dei ruoli scelti dalla natura per regolare la vita sociale degli individui: uomini e donne hanno caratteristiche fisiche e mentali diverse, adatte ad espletare compiti differenti.

Inoltre è sempre più attuale il discorso sull’importanza della famiglia quale nucleo portante della società. In un momento storico in cui due dei tre nuclei di aggregazione su cui si basa la collettività perdono prestigio (la Chiesa e i suoi scandali e la crisi economica e lavorativa che turba tutti i cittadini) la famiglia ritorna al centro del dibattito quotidiano in quanto elemento da difendere e proteggere, per riconquistare quella stabilità sociale e psicologica che è stata messa in pericolo. Quindi  la donna non è più una strega ma un’abile madonna che sa al tempo stesso essere strega pronta a tirar furori artigli per difendere come ha sempre fatto il suo stato.

Signore e signori, queste sono le donne: un secolo fa abili massaie, poco dopo decise rivoluzionarie e oggi istruite casalinghe. Se è vero che la storia si ripete e che la vita non smetterà mai di sorprenderci … quale sarà la prossima tappa?


giovedì 6 febbraio 2014

IL "DESIDERIO" E LA "NECESSITA' "




Nella mente delle persone adulte esiste un sorta di linea immaginaria, che separa chiaramente, il “desiderio” dalla “necessità”. Purtroppo accade spesso che molti di noi confondono i due concetti.

Un desiderio è qualcosa che si avveri, ma che non ho bisogno; al contrario una necessità è un qualcosa senza la quale non posso vivere.
Avere dei desideri, è naturale, è giusto! Desideriamo possedere cose, divertirci, stare comodi … e tutti questi desideri sono legittimi, purchè non li trasformiamo in necessità. Il fatto è che i desideri sono fonte di piacere, mentre le necessità invetate producono insicurezza, ansia e stress. Tuttavia, sembra che le persone abbiano una forte tendenza a creare necessità fittizie a partire proprio da desideri legittimi.

Alimentare quindi questi desideri, è nocivo, perché produce malessere emotivo:
-se non si soddisfano, si è infelici…
-se invece si soddisfano, si possono sempre perdere …

Se vogliamo maturare, dobbiamo evitare questa tendenza, mantenere sempre sotto controllo i desideri, perché i desideri rappresentano un semplice diversivo in una vita già felice di per se!!!

Se i desideri non si realizzano non importa: non ne abbiamo bisogno per sentirci soddisfatti, per godere delle nostre altre possibilità. Infatti a parte il cibo e l’acqua, non è razionale “aver bisogno” di altro…. Se ci sono ben vengano ma cercarli ed enfatizzarli come detto prima possono essere nocivi….

martedì 4 febbraio 2014

VITA REALE O VIRTUALE



Mi sembra molto attuale questo tema. Chat, google+, facebook, messaggi e contatti costanti con internet non possono e non devono rovinate o svuotare di significato il reale contatto tra due persone, la magia della vita con le reali emozioni, quindi è il caso di discuterne: Vita Virtuale ... Vita Reale
  
Internet non può assolutamente sostituire la vita reale, perché è quella vera!  Stessa cosa per gli amici.. per l'amore.. provate a sostituire un abbraccio sincero fra due persone... provate a sentire le stesse emozioni che provate dal vivo con una persona, voi ci riuscite? Io no… 
Con la vita reale ci devi far conto tutti i giorni..devi mangiare,dormire,preoccuparti di diverse cose..ma anche gioire di tutto ciò che puoi vivere ... 

E poi.. come faccio a sostituire un sabato pomeriggio passato con gli amici a fare una partitella a calcetto, mangiare un panino o altro, o quattro sane risate in compagnia di una bella bionda (non fraintendete intendevo la birra!!!) 

in ogni modo la vita virtuale, può essere uno stimolo, se usato con moderazione  in modo razionale internet e la vita virtuale che ci si crea non è altro che un ulteriore aspetto della vita reale, sono comunque esperienze, ci sono incontri e confronti che non vanno affatto sottovalutati e costruttivi per la persona in se... 

Naturalmente però un uso sregolato si sa, può portare all'isolamento e l'alienazione da tutto il resto, si va a finire col perdere i contatti con il mondo. Nel caso ciò succedesse, sarebbe gravissimo. Il perché credo sia facilmente comprensibile e immaginabile e   non si spegne andando su "arresta sistema"...

Per voi che amate la vita virtuale da soffocare quella reale, provate a spegnere il pc e guardare il mondo da una finestra di quelle che non si aprono cliccando il mouse ma girando una maniglia; aprila e fai entrare dell'aria fresca. Fuori da quella finestra non ci sono solo dolore, tristezza, delusione.. ci sono ancora molte altre virtù, molti valori, molte emozioni che vanno vissute, e allora.. Viviamole!


lunedì 3 febbraio 2014

PROCEDI CONTROCORRENTE O SEGUI IL GRUPPO?






E' nella natura umana considerarsi parte di una collettività, e su questa base si formano sul web, gruppi sociali che condividono interessi e obiettivi comuni. 

Ma nella vita di tutti i giorni alcuni di noi, sono portati ad assecondare il gruppo, mentre altri tendono ad andare controcorrente. 

Quale tendenza prevale in voi?

domenica 2 febbraio 2014

SCELTA CONSAPEVOLE INCOMPIUTA




Sul peso politico-sociale esercitato dalla Chiesa ho discusso e sto ancora discutendo nel topic del nuovo Papa, quindi penso che la mia posizione sia evidente a chiunque mi conosca.
Non saprei esprimermi sul bisogno di fede io mi sento a mio agio nella definizione di agnostico, sarei invece in difficoltà a considerarmi ateo... mi sembrerebbe, con tutto il rispetto per gli atei, di avere certezze su questioni più grandi di me... come faccio a dire con sicurezza che un qualche Dio non esista (e non è detto che sia come quello che descrive la Chiesa eh...) Non posso saperlo... e francamente nemmeno mi interessa più di tanto.

La mia esperienza mi assicura che parlare di Dio o su Dio non è facile per nessuno. Se Dio è quella realtà che si dice, non potrà mai essere conosciuto come le nostre tasche: qualcosa, anzi tante cose, supereranno sempre le nostre abilità.

Quello su Dio è sempre un discorso non definitorio, piuttosto allusivo che non esaustivo. Soprattutto, un discorso che non potrà avere come giudice supremo il solo pensiero, come se Dio fosse alla stregua dei prodotti intellettuali.
Ogni uomo nasce dentro una cultura religiosa : nessuno sceglie la cultura , la tradizione religiosa in cui nascere. Tutte le persone si ritrovano a praticare una religione per nascita e tradizione, però poi si pongono le domande fondamentali della vita  e sono chiamati dalla loro natura a ricercare le risposte e le soluzioni : sono chiamate ad una cammino di maturazione nella loro dimensione religiosa. Questo implica una autoeducazione e percio' un percorso di conoscenza e di apprendimento.

Tutto questo non avviene sempre agevolmente : puo' succedere per varie ragioni che non intervengano questi percorsi educativi della dimensione religiosa. A volte non si matura la coscienza del senso religioso e si aderisce ad una religione per tradizione o abitudine ,per paura o per costrizione, diventando così dei creduloni.

Altre volte non si aderisce a nessuna religione per ignoranza delle rivelazioni e si finisce per rivolgersi ai maghi , ai veggenti, ai sensitivi agli astrologi, agli occultisti e quant'altro. Si vive in un certo infantilismo religioso o -se si preferisce- una religiosità incompiuta.


Personalmente Non credo in nessuna rivelazione. Perche? Perchè mi sono confrontato con molte Rivelazioni, ho cercato di comprenderne gli eventi, i significati ed in questo confronto non ho trovato risposte per il mio sentimento del Mistero; non è nata nessuna attrazione o coinvolgimento. Rimango attento e aperto, ma a tutt'oggi posso dire di non avere fede in nessuna rivelazione.