sabato 30 novembre 2013

QUANDO C E' UNA META ANCHE IL DESERTO DIVENTA STRADA...!





Gente che soffre.Gente che combatte.Gente spesso maltrattata ma innocente.Gente spesso abbandonata ma bisognosa.Gente forte.Gente umiliata e spenta.Gente che si vende per far vivere i propri figli.Gente come noi.Gente che spera
Quando andate a letto, tirate sù le coperte fino a coprire il cuore...E' li che dormono le persone che non potete avere accanto.
QUANDO C E' UNA META ANCHE IL DESERTO DIVENTA STRADA...!!!




dal web: http://www.ilquotidianoinclasse.it/2013/02/gente-che-spera/
  

venerdì 29 novembre 2013

FRAGILITA’ VIRILE




DISORIENTATO, FRAGILE, FINITO,  SUL DECLICO DEL MASCHIO SE NE DICONO DI TUTTI I COLORI, IN REALTA’ “IL SESSO FORTE” NON E’ STATO SCONFITTO MA HA SOLO CAMBIATO IL MODO DI RAPPORTARSI.


L’antico modello di uomo (agli uomini l’autorità e il controllo; alle donne l’emozione e la vulnerabilità) è andata in frantumi, l’eliminazione delle barriere tra i sessi impone una nuova fluidità. Un uomo deve avere una doppia esigenza, da un lato l’apertura all’emozione e alla sua espressione, dall’altro l’affermazione dei suoi tratti virili.
Dov’è il problema, se avvolte si deve ammettere la propria debolezza?
Debolezza. La parola viene lasciata cadere troppo spesso, nell’immaginario maschile, come sinonimo di impotenza, tema sul quale, inutile dirlo, non si scherza, ma è veramente una parolaccia? Debolezza non significa necessariamente rassegnazione, quando si trasforma  in sinonimo di complicità, al contrario, diventa afrodisiaco!
Parlare senza paura vuol dire essere più umani, quindi più uomini.
La chiave di svolta sta nel fatto che sia gli uomini che le donne devono essere consapevoli, che nonostante tutto, esistono delle differenze tra i sessi, e che senza di esse non esisterebbe più l’alterità, e  quindi più nulla ci permetterà di amare come prima, diventeremmo tutti degli asessuati.
La fine del maschio, non c’è mai stata, ci si stava accingendo a lasciare il poso a un uomo tranquillo e libero dai giochi di predominio. Lontano dalle copertine delle riviste femminili sul presunto malessere maschile.
L’uomo nuovo non ha paura della donna, il suo posto, ha capito, che lo deve guadagnare durante tutta la vita, ed è appassionante, che la nostra virilità, poggia su un’alleanza tra forza e dolcezza, e sicuri ormai, che cucinare per signora e bambini, non ha niente di denigrante.

Nella mia vita di coppia, si discute di tutto e capita che io mi occupi di certi compiti domestici, o viceversa.

mercoledì 27 novembre 2013

LA CULTURA CI RENDE RICCHI



ECCO PERCHE’ NON POSSIAMO PERMETTERCI DI TAGLIARLA


I fondi destinati alla valorizzazione delle nostre risorse culturali diminuiscono di anno in anno. Calano le sponsorizzazioni dei privati, eppure investire sul nostro patrimonio artistico aumenterebbe i posti di lavoro e migliorerebbe le nostre vite. Senza pensare solo al turismo di massa.


Se diciamo all’estero la parola Italia, cosa viene in mente alla gran parte delle persone? La cultura. Forse declinata come musica lirica o come architettura rinascimentale, o forse romana. O forse verranno in mente le bellezze paesaggistiche, o le eccellenze gastronomiche. Il nostro patrimonio artistico, in effetti, è enorme, smisurato.


Eppure  i fondi destinati alla valorizzazione delle nostre risorse culturali, diminuiscono di anno in anno. Con la cultura non si mangia, disse l’allora ministro Tremonti, e visto che c’è la crisi, giù con i tagli.


Ma perché non siamo capaci di valorizzare questo patrimonio che ci rende unici al mondo? Siamo ancora ancorati a una visione antica, quella del capitalismo, per cui se una cosa non produce reddito non vale niete.

Cosa significa investire sulla cultura? Non significa solo aprire un museo o un teatro, ma la cultura è fattore d’identità e coesione sociale, di unità. In ogni caso è uno spreco non rendere fruibili o non sviluppare la cultura in un paese, specie quando questo è l’Italia.


certosa di San Lorenza Padula
Grazzano Visconti

Castell'Arquato
complesso nuragico su nuraxi

Questi sono solo alcuni dei tanti siti culturali, chi né ha voglia può aggiungerne degli altri, magari meno famosi ma sicuramente di grande interesse.


tratto da: http://www.consumatori.e-coop.it/index.php/archivio/2013/2013-ottobre/la-cultura-ci-rende-ricchi/

                     


domenica 24 novembre 2013

PRIVATIZZAZIONI ALL'ITALIANA .... FLASCH BACK



I CONTI PUBBLICI DI NUOVO A RISCHIO, SI TORNA A PARLARE DI PRIVATIZZAZIONI PER FARE CASSA. MA LA STORIA RECENTE INSEGNA CHE RARAMENTE HANNO FATTO L’INTERESSE DEI CITTADINI.




Flash back, vent’anni fa, su un yacht di proprietà della corona britannica, i capi della finanza mondiale, trattano l’acquisto  di pezzi dell’economia pubblica italiana. Comincia l’epoca delle privatizzazioni, e gli uomini di stato mettono in vetrina i gioielli di famiglia. Obbiettivo risanare il debito pubblico.
Ritorno al presente, nuovi attori stessa trama, si torna a parlare di privatizzazioni, il modo più veloce per far cassa. Di nuovo si cerca di vendere i beni pubblici, come nelle famiglie nobili in decadenza.
Dal Britannia in avanti, però i finali delle storie di privatizzazioni all’italiana raramente sono stati lieti, e sovente contraddicono il patriottismo, come pare stia accadendo a Telecom o Alitalia, già privatizzate e in procinto di essere rilevate da società straniere.
La storia dovrebbe essere d’insegnamento, invece il destino della privatizzazione all’italiana sembra consolidato, svendere  pezzi di stato per cercare di coprire il debito pubblico e poi pentirsene.

All’estero l’hanno capito e si preparano allo shopping.




http://issuu.com/reporter_mn2011/docs/reporter_mensile02-13

sabato 23 novembre 2013

23 NOVEMBRE 1980 GIORNATA DELLA MEMORIA


Il 23 novembre, alle 19.35 di ogni anno,  c’è chi si fermerà un attimo per ricordare.




Chi ha il dono delle fede forse si sfermerà in memoria di tanti lutti. Chi possiede il laico dubbio della ragione, si interrogherà su quel che andava fatto meglio e di più, ma non è stato fatto.


 Sono passati 33 anni dal terremoto del 1980 in irpinia, e oggi, voglio degnamente ricordare i caduti di quel tragico giorno con la celebrazione della Giornata della Memoria come momento di riflessione.

Anch’io c’ero, avevo 10 anni, eppure  ancora il ricordo è indelebile, le paure, la disperazione, le emozioni, rivissute mio malgrato anche con il terremoto in Emilia, non si cancellano e negli occhi ho le immagini di quei momenti .….. mi trovavo a casa di mia nonna nel centro storico del paese, ma quello che ricordo con piu’ chiarezza sono i giorni successivi, le notti in tenda, in mezzo al freddo alla neve e al fango.




Novanta secondi e nulla fu più uguale.
Domenica 23 novembre 1980, ore 19,35.
La data che segna il prima e il dopo.




L’Italia sognava in bianco e nero; la tv a colori era un privilegio ancora di pochi, specie nei piccoli centri del Sud. Sandro Pertini era il Presidente della Repubblica e Arnaldo Forlani era il Capo del Governo.

Il sisma del 1980 distrusse vite, alterò la geografia dei luoghi, stravolse modelli sociali, suscitò ingenue speranze, produsse laceranti delusioni. Eppure quelli furono i giorni del volontariato e della solidarietà. Centinaia, migliaia di giovani accorsero dal Nord nel profondo Sud per sostituirsi ad uno Stato assente .

Li chiamarono “gli angeli” del terremoto. Oltre 8.000 furono i soccorritori intervenuti. Forse, fu l’ultima mobilitazione popolare nel nome dell’unità d’Italia. Ogni centro raso al suolo ha avuto il suo “villaggio piemontese”, la sua “piazza Parma”, la “mensa emiliana”, segni concreti di una solidarietà operativa.

Ogni anno la data del 23 novembre è nella mia mente e nel cuore di tutti coloro che hanno vissuto direttamente, la tragedia del terremoto dell’Irpinia. E così penso che sarà per tutti coloro che hanno vissuto  un’esperienza del genere.

Oggi abito a Mantova ma ogni volta che vedo una città colpita da questi eventi il ricordo e le immagini ritornano a quella sera.

venerdì 22 novembre 2013

PERCHE’ I RAGAZZI ABBANDONANO LO SPORT?


TROPPE PRESSIONI E ILLUSIONI



In italia 80% dei ragazzi pratica almeno uno sport, ma verso i 14anni, proprio in cui l’attività fisica sarebbe un vero toccasana per la crescita dei ragazzi a livello fisico, psicologico e sociale, si riduce drasticamente. Perché? Cosa succede?

Per capire il perché, è necessario comprendere quali sono le molle che gli hanno fatto decidere di mollare. E tra queste troviamo l’agonismo esasperato fin da giovani, il risultato a tutti i costi, l’illusione preclusa di diventare dei campioni a discapito del divertimento, la gioia di giocare, di fare parte di un gruppo, conoscere nuovi amici.

Pretendere da un bambino, fin dalla sua prima esperienza sportiva, la vittoria ad ogni costo, può influenzare negativamente il processo di sviluppo delle sue motivazioni, se a questo si ci aggiunge un inadeguato supporto emotivo nei momenti degli insuccessi si creano le premesse per cui il bambino giocherà non tanto per se stesso, ma per le richieste.

L’importante è la prestazione, non il risultato, a nessuno piace perdere!

 Ma anche se ha una valenza positiva sulla crescita dell’adolescente, va assolutamente rifiutata come filosofia, e unico obiettivo. È fondamentale insegnare ai ragazzi a gestire la sconfitta, credendo in loro, apprezzando i loro sforzi e sollecitandoli continuamente a essere volenterosi e tenaci.
Per prevenire l’abbandono, quindi, è necessario affrontare il problema alla radice, il bimbo deve giocare allo sport e non praticare sport. 

L’allenatore deve essere un leader autoritario e non autorevole, deve stimolare e motivare, deve poter instaurare con i ragazzi un dialogo sincero e creare un clima positivo in cui si respiri aria di collaborazione, infine i genitori devono interferire il meno possibile, evitando di esercitare pressioni e di riversare su di loro eccessive aspettative

Il giovane non ha fallito se, pur perdendo ha dato il massimo


mercoledì 20 novembre 2013

SARDEGNA: IMMORALE PARLARE DI FATALITA'


abusare cinicamente della parola «destino»



La Sardegna. L’isola delle meraviglie, delle spiagge bianche e del mare azzurro smeraldo, di un entroterra ricco di fascino e di storia, è stata trasformata in qualcosa di spettrale e terrorizzante. Una tragedia immane, che mette i brividi.

solitamente in queste occasioni non riesco a polemizzare, ma sento solo l’esigenza di stringermi attorno alle popolazioni colpite dall’ennesimo disastro ambientale, però non riesco ad esimermi dall’esprimere alcune rabbiose considerazioni.

La mia  è rabbia quella che provo nel contare, ancora una volta, le vittime di una tragedia evitabile, è  rabbia quando ascolto il Presidente della Regione Sardegna affermare che “La morte violenta dei cittadini sardi  è  causa di una fatalità”.  abusando cinicamente della parola «destino»

Questi signori non lo sanno che il destino è una cosa seria, fuori dalla loro portata. Il destino non è quindi la pioggia che cade, ma è l’argine invaso dai detriti non sgomberati. Non è il torrente che ingrossa, ma è senz’altro la casa che gli è stata costruita nel letto dove doveva scorrere. Non è il fango che scende a valle, ma di sicuro è la via chiusa tra villette a schiera che gli fa da diga.  

Il destino è un progetto con nomi e cognomi e non è cieco né baro: dipende da noi, quindi chi parla di fatalità è colluso con i pescecani del cemento.

 Sta in questo pensiero la radice del disastro che il nostro territorio subisce in modo continuo. Alcuni giorni fa le Marche, in questi stessi giorni la Basilicata e la Calabria

.. I sardi, che  hanno dato di sé stessi al mondo, una prova di solidarietà, che avrebbero di certo preferito risparmiarsi, davanti a questa evidenza, pagata a prezzo carissimo, non può chiedere a sé stessa l’ennesimo silenzio.  L’offesa più grande sarebbe affidarsi per l’ennesima volta a un dopo che non arriverà mai, come non è arrivato nelle alluvioni  precedenti: disastri ciclici tutt’altro che millenari, al punto che la mia generazione ne ha già visti troppi. . E’ ora di dire basta per sempre. Basta a dover piangere morti ingiuste dovute all’incuria e all’avidità. Basta con lo scempio del territorio.


Purtroppo però, fra qualche giorno, seppelliti i morti, non se ne parlerà più, fino alla prossima “FATALITA’”. Del resto è questo lo specchio dell'Italia.




venerdì 15 novembre 2013

IN ITALIA TROPPE RISONANZE INUTILE

 Lo denunciano gli stessi radiologi, e non vengono eseguite a sufficienza quelle fondamentali per seno, fegato e cuore.



Ginocchio, rachide lombosacrale e cervello sono le risonanze che in circa 3 casi su 10 risultano inappropriate, lo denuncia sa Sirm (società italiana di radiologia medica); sono frutto  della cosiddetta “medicina di compiacenza”, della serie una risonanza non si nega a nessuno, per motivi che spesso hanno più a che fare con l’accontentare il paziente ansioso che con reali necessita diagnostiche.
Il problema è soprattutto di costi e diagnosi sprecate, le risonanze pesano sul SSN, e se lo facciamo nei casi inutili, diagnosticabili con un’ecografia o una RX, non si avranno sufficienti risorse per farle a chi ne ha bisogno.


martedì 12 novembre 2013

STREET FOOD ITALIANO


LA RISCOSSA DELLO STREET FOOD ITALIANO



Negli ultimi tre anni il numero di cuochi ambulanti si è triplicato, proponendo specialità buone (caloriche) e low cost.
Si potrebbe attraversare lo stivale fermandosi ogni giorno a un chiosco diverso, i nostri cibi di strada battono alla grande, in gusto e fantasia, gli hot dog e i panini con hamburger  di importazione anglosassone.
Voglia di salato?  Ci sono la focaccia genovese, la piadina, gli arancini,  il panino con la trippa o tanti altri ancora… Preferisci il dolce??  Potresti essere travolto da una valanga di torroni, babà, zeppole, sfogliatelle e cannoli.
 Lo street food italiano, ribattezzato good food, è tornato di moda e anima innumerevoli eventi, oltre ad essere sfizioso ed economico, infatti,  ben si concilia con il momento di crisi, vi è anche il desiderio sempre più diffuso di gustare cibo artigianale, prodotto con ingredienti locali.

Unica nota dolente, sono le calorie, la gran parte delle sfiziosità on the road è fritta o abbondantemente condita,  quindi il consiglio e che dopo ti conviene camminarci su!!!!

domenica 10 novembre 2013

LA ZUCCA: COLORE E SAPORE D’AUTUNNO


La zucca allegra e colorata, sotto la sua scorza coriacea nasconde tutti i preziosi nutrimenti.


Quando si pensa alla zucca è facile che vengano in mente i piatti della tradizione mantovana o emiliana. Non tutti sanno, che la zucca è originaria del Messico, appartiene alla famiglia delle Cucurbitacee e che ne esistono diversi tipi, differenti per forma, fusto, colore e dimensioni.

La zucca è un ortaggio povero di zuccheri e ricco di vitamine e minerali. Possiede proprietà antidiabetiche e antipertensive,  è efficace nel controllo del metabolismo degli zuccheri, e quindi nel mantenere regolari i livelli di glicemia nel sangue e nel favorire un riequilibrio del peso corporeo. Contengono anche elevate quantità di sali minerali, come zinco e fosforo e betacarotene, magnesio che insieme svolgono un'azione protettrice delle membrane cellulari e un'azione antiossidante.

Per usufruire delle loro proprietà, basta consumarne un cucchiaio al giorno, come spuntino oppure spolverizzati su verdure, insalate, cereali.

La zucca si consuma cucinata al forno, al vapore, nel risotto o nelle minestre, fritta nella pastella. Si abbina benissimo a spinaci, formaggi, salsiccia, mandorle, funghi e tartufi, ideale per il ripieno dei famosi tortelloni.

Quando acquistate una zucca è importante che sia soda e ben matura: il picciolo deve essere morbido e ben attaccato all’ortaggio. La buccia deve essere priva di ammaccature. Se la comprate già affettata o a tocchetti, accertatevi che il frutto sia ben maturo e sodo e che il pezzo tagliato non sia asciutto, mentre i semi dovranno essere umidi e scivolosi. La zucca va conservata in ambiente fresco e asciutto anche per tutto l'inverno; la sua polpa può essere anche congelata, meglio se preventivamente sbollentata.

vi riporto alcune delle  ricette della tradizione mantovana:




  tortelloni di zucca
risotto con zucca
       crema di zucca
    
     zucca e cioccolato
torta di zucca


sabato 2 novembre 2013

VIOLENZA? NO, GRAZIE






Premetto innanzitutto (a scanso di equivoci) che non intendo in nessun modo giustificare la violenza maschile sulle donne. Ma questo post vuole essere una provocazione verso colore che parlano solo di violenza sulle donne.

L’amore, quando messo in discussione, mette in crisi l’identità della coppia, trasformandosi spesso in violenza, e negli ultimi anni  occupa con costanza le prime pagine dei media, riportando all’attenzione dell’opinione pubblica un tema scottante e, purtroppo, mai sopito. Di solito, però, quando si utilizza questo termine ci si riferisce alla violenza contro le donne. E’ innegabile che, a livello statistico, gli episodi siano decisamente maggiore, ma rientrano a pieno diritto anche i casi di violenza sugli uomini da parte delle donne e costituisce l’altra faccia della medaglia, di cui spesso non si sente parlare.

Io penso che  la cattiveria, la prepotenza siano equamente distribuiti tra ambo i sessi. L’uomo è più forte fisicamente nel rapporto di coppia, e perciò tende ad usare la forza fisica per dominare, ma le donne usano altri mezzi per esercitare la loro violenza.

Alcuni potrebbero sorridere nel pensare a una evenienza del genere, ma non c’è proprio nulla di divertente in queste storie, quando i ruoli si invertono quel che resta in primo piano sono la violenza da un lato e la sofferenza dall’altro. Siamo abituati a considerare come vittime solo le donne, ma c’è una realtà sommersa che riguarda anche gli uomini come genere, che diventano oggetto di violenza,  ed ha caratteristiche molto diverse: è psicologica, fatta di ricatti, minacce, denigrazione, strumentalizzazione dei figli, raramente diventa fisica, «ma anche i casi di violenza vera e propria sono certamente di più di quanto appare»

Di violenza contro gli uomini si parla molto poco sui media, e le motivazioni dietro questo ‘silenzio’ sono di diversa natura. Innanzitutto, spesso si tende a banalizzare un argomento che è comunque grave, trasformandolo in oggetto di ironia e sminuendo le conseguenze di tali atti, qualora perpetrati da donne, e poi una notizia del genere sicuramente non avrebbe nessuna rilevanza a livello mediatico, vorresti mettere una donna picchiata o trucidata contro un uomo molestato o denigrato, e spesso, spinto dalla disperazione, e non così di rado, perdono la vita???  In secondo luogo (e non meno incisivo) bisogna evidenziare anche un fattore ‘vergogna’, che condiziona gli uomini vittime di abusi e li spinge spesso a non denunciare e a subire in silenzio. Il perché di questo atteggiamento è presto detto: nel pensare comune l’uomo è sempre stato l’elemento forte della coppia,  ammettere di essere vittime porterebbe in qualche modo a una ammissione di sconfitta, che non è solo dovuta alla paura, ma proprio al terrore di essere giudicati dagli altri, che sono poi anche alla radice dei problemi di quelle donne che non denunciano il compagno violento e continuano a subire in silenzio nel nome di non sa bene quale principio ‘morale’.

Non ha importanza, che nome diamo a queste violenze, l’importante è trovarsi d’accordo che, si tratti di un male sempre e comunque, e non va mai dimenticato!

“No contro ogni violenza deve essere il prossimo slogan”.

Vedere gli esseri umani indipendentemente dal genere lottare per un fine comune, eliminare quella piaga che, ancora oggi è così presente nella società moderna.


Resta comunque la domanda: “perché la coscienza sociale, la nostra coscienza, non è turbata quanto dovrebbe?